“Altre Metafore” è un laboratorio sperimentale della scuola di Architettura del Politecnico di Milano che ha l’obiettivo di ripercorrere la ricerca che Ettore Sottsass aveva compiuto all’inizio degli anni settanta. ”Appunti spaziali”, architetture provvisorie inserite nel paesaggio vulcanico dell’isola di Lanzarote ripercorrono la domanda che tormentava Ettore Sottsass: “Quali rapporti possono esserci tra la gente, i pensieri e lo spazio dove stanno ?”.
Se la domanda è sempre uguale, le risposte non possono più essere le stesse. La globalizzazione, i nuovi media, i cambiamenti climatici e le nuove istanze della contemporaneità stanno riscrivendo il valore antropologico della nostra esistenza e quindi dei nostri progetti. Altre Metafore è una sfida che accetta il fallimento e non pretende di dare risposte, ma vuole recuperare quel tempo di riflessione e di critica che soprattutto le nuove generazioni possono intercettare.


Vuoi una casa calda o un fuoco per scaldarti? 1-Vuoi una casa calda o un fuoco per scaldarti?
L’archetipo del focolare, simbolo dell’antropizzazione e della domesticità, centro dell’abitazione e fulcro attorno al quale si svolgono i rituali quotidiani, diventa l’occasione per interrogarsi sul senso dell’abitare.
Un telo quadrato sostenuto da quattro esili pali in legno proietta su una distesa di finissime conchiglie bianche un’ombra profonda che, interrotta al centro da un triangolo – il focolare – diventa essa stessa una metafora 2-Vuoi una casa calda o un fuoco per scaldarti?. Il vento, incessante sull’isola di Lanzarote, fa vibrare l’ombra, e il sole, offuscato dal continuo passaggio delle nuvole, rivela e nasconde il focolare. Se il fuoco rappresenta la conquista dell’uomo ed è simbolo del progresso, quale significato assume per l’uomo contemporaneo? La precarietà del focolare permette una riflessione sulla condizione “disequilibrante” che caratterizza la società contemporanea e sul rapporto uomo/spazio sempre più legato alla sfera emozionale. 3-Vuoi una casa calda o un fuoco per scaldarti?

Progetto di: Maria Vittoria Grillo, Robin Host, Francesca Longo, Marianna Maggioni, Lorenza Manco, Maurizio Marassi, Margherita Mariani, Leonhard Thumann

Balcone per appoggiarsi all’orizzonte 4-Balcone per appoggiarsi all’orizzonte
Il balcone, l’archetipo che contiene il dentro e il fuori, che sta tra il pubblico e il privato, viene scelto per raccontare l’identità multipla dell’uomo contemporaneo, spesso diviso tra senso di appartenenza e nomadismo, tra desiderio e paura di restare, tra tensione e necessità di lasciare la sua terra 5-Balcone per appoggiarsi all’orizzonte. Tale condizione viene incarnata dalla conformazione dell’isola di Lanzarote, dove scenari violenti e contrastanti si trovano a convivere nello stesso luogo. Un balcone posto su una battigia, o meglio, su un bagnasciuga -zona e non linea- si dispone come limite tra due soggetti forti del paesaggio, la sabbia e l’oceano, evocando, in chiave metaforica, la tensione congenita nell’uomo di ogni tempo. Un balcone rivolto verso il tramonto, verso l’orizzonte, verso l’incerto, verso nuove possibilità e nuove esperienze. Un balcone nero come la sabbia che ruba spazio all’oceano. 6-Balcone per appoggiarsi all’orizzonte

Progetto di: Armin Aschenbrenner, Chiara Castellano, Diletta Ciuffi, Giorgia Concato, Max Gicklhorn, Marta Ureña González, Beatrice Utano, Benedetta Vitale

Recinto per fermare il tempo
Le terre primordiali di Lanzarote risuonano di pratiche antiche. In tempi lontani, le tribù autoctone dell’isola esprimevano la propria visione del sacro attraverso l’archetipo dell’efquene, un recinto rituale dall’impianto centrale, che veniva disposto intorno a un idolo, definendo un territorio magico e protetto. La memoria di questo rito ancestrale consente oggi di riflettere sul rapporto dell’uomo con il paesaggio e con il tempo, orizzonti inevitabili di una riflessione contemporanea sulla divinità. La regione dei mataburros, rocce basaltiche maestose e fragilissime, soggette all’erosione del vento, diventa lo spazio ideale per esprimere il tema del progetto. La fragilità di questa terra mitica viene interpretata come metafora di una condizione da preservare, ponendo domande su un futuro imminente in cui il consumo delle risorse naturali segnerà una nuova era per il pianeta. Il recinto sacro si chiude intorno a una di queste rocce destinate a scomparire: prende forma uno spazio altro, reso penetrabile attraverso dodici portali trilitici, schermati da leggeri tendaggi mossi da un vento impietoso. Tra le pieghe del mataburros, icona di una divinità fragile, viene, per antitesi, collocato un uovo, elemento totemico ed ancestrale, che rimanda alla fecondità, alla vita e all’eterno. La compenetrazione dei due simboli infittisce la domanda e moltiplica le risposte possibili. 7-Recinto per fermare il tempo 8-Recinto per fermare il tempo 9-Recinto per fermare il tempo 10-Recinto per fermare il tempo 11-Recinto per fermare il tempo

Progetto di: Nicolò Buizza, Beatrice Carraro, Davide Libretti, Gregorio Minelli Vacchi, Rosita Palladino, Alessandro Pasero, Pietro Rava, Giada Zuan

Scala per salire l’abisso
La scala è un archetipo spaziale che rende possibile l’ascesa o la discesa verso una condizione altra. Tale riflessione prende vita attraverso il progetto di una “scala orizzontale”, linea infinita che consente di elevarsi e inabissarsi al contempo. Il territorio ostile della Playa de Famara, a Lanzarote, diventa la condizione ideale per esprimere, in chiave metaforica, questo concetto. Uno spazio di grandi contrasti, dove sembra che il mare e la terra siano in costante lotta per la supremazia. Durante la mattina non esiste la spiaggia, inghiottita dalle onde, mentre nel corso del pomeriggio sembra che quello stesso mare si ritiri, stanco, per tornare più forte di prima durante la notte. Esiste tuttavia un momento in cui terra e mare si incontrano nella stessa misura, in un equilibrio istantaneo e precario. Un momento dove i contrasti sembrano risolversi e la lotta placarsi. È ora che si apre la scala orizzontale, una linea potenzialmente infinita che collega la terra e l’oceano, dove l’alzata è disegnata da un nastro rosso e la pedata è un vuoto. Percorrerla è un invito ad immergersi negli abissi, a perdersi nel caos, a discutere la diversità tra salire e scendere, ingannando così la paura di incedere verso l’incerto. 12-Scala per salire l’abisso 13-Scala per salire l’abisso 14-Scala per salire l’abisso

Progetto di: Carla Ballesteros, Lorenzo Cellini, Valeria Cesti, Luca Comerio, Alessandro Coppola, Pietro Franceschi, Giacomo Fabbrica, Martina Ghidini

Porta verso uno spazio profondo
“Porta verso uno spazio profondo” esprime attraverso un elemento stereometrico quell’attitudine tipica dell’uomo di rendere domestico ciò che lo circonda. Le origini vulcaniche e la conformazione geologica di Lanzarote rimandano a una dimensione “extra-terrestre” che ricorda nei colori, nella materia e nel suo carattere primitivo il pianeta Marte, diventando così il pretesto per immaginare uno spazio “lontano”. La caverna, archetipo assoluto dell’abitazione, diventa metafora di questo spazio inesplorato, di questa condizione di continua ricerca che caratterizza l’uomo contemporaneo. Una scala e una porta, definite da una griglia geometrica di fili tesi, sono appoggiate ad una parete di roccia e segnano l’ingresso di questo nuovo spazio, di questa caverna, sottolineando il passaggio ad “altre” realtà. 15-Porta verso uno spazio profondo 16-Porta verso uno spazio profondo 17-Porta verso uno spazio profondo 18-Porta verso uno spazio profondo

Progetto di: Sara Bescós Paz, Matteo Braghin, Nicolò Lastrico, Camilla Sala, Nicolò Signori, Benedetta Vaghi, Marta Valentino, Francesca Villa

Stanza per superare i propri limiti
La condizione primitiva dell’uomo contemporaneo è indagata attraverso l’archetipo del limite. Una serie di buche, gli Hoyos, scavate nella cenere vulcanica per la coltivazione della vite che si disperdono nel paesaggio della Geria, sottolineano la ripetuta impossibilità dell’uomo contemporaneo di superare la propria condizione primitiva. Un ambiente estroflesso, con pareti di sabbia nera definite da una serie di pali in legno color cocciniglia, diventa una stanza a cielo aperto acquisendo i caratteri tipici della domesticità. Elementi di un interno – un tappeto bianco di sale, un computer per comunicare e un cuscino dalla superficie tecnologica – rendono questo spazio una stanza da abitare, una “stanza per superare i propri limiti”. L’uomo contemporaneo la vive, la occupa e la rende propria attraverso una serie di gesti e rituali quotidiani che permettono di riscrivere i limiti dettati dalle nuove istanze tecnologiche. 19-Stanza per superare i propri limiti 20-Stanza per superare i propri limiti 21-Stanza per superare i propri limiti 22-Stanza per superare i propri limiti

Progetto di: Valentina Acerbis, Matteo Ferrè, Nicola Gamba, Ángeles Grau, Simone Pagani, Martina Salari, Maria Vespasiani, Giovanni Zanin

Parete per dare forma ai colori
L’isola di Lanzarote si presenta come un paesaggio dai forti contrasti cromatici; il blu dell’oceano e il nero della sabbia vulcanica, il rosso delle rocce laviche e il verde della vegetazione. L’uomo contemporaneo è sopraffatto da una simile natura e attraverso l’archetipo della parete esprime il proprio tentativo di stabilire una regola, di dare forma alle diverse identità cromatiche dell’isola. Tre elementi verticali piani, unici segni dell’uomo all’interno di un paesaggio protagonista, diventano la costante attraverso la quale leggere e distinguere realtà contrastanti attraverso la geometria. La parete diventa così un dispositivo “ordinatore” che cerca, attraverso un principio costante – le bucature geometriche sul telo nero che riveste la parete – , di descrivere la natura dell’isola e interpreta in chiave contemporanea il rapporto uomo/natura. 23-Parete per dare forma ai colori 24-Parete per dare forma ai colori 25-Parete per dare forma ai colori

Progetto di: Martina Calamonici, Valeria Carminati, Giacomo Cassani, Teresa Maria Civati, Francesca Sara Colella, Riccardo Rivolta, Andras Sztano

C’è sempre una casa per i tuoi rituali
La Quesera è un’antica forma di calendario solare, costituita da un insieme di rocce basaltiche scolpite e aggregate in maniera tale da misurare lo scorrere del tempo. Un luogo di riti pagani, di cui, nei secoli, si è persa la memoria. L’insediamento si staglia oggi in un paesaggio incontaminato di pietre e arbusti spinosi, dove le forme geometriche e i solchi profondi emergono per ricordare il passaggio lontano dell’uomo. Tale spazio diventa la metafora di un basamento, una superficie che pone le cose in una nuova dimensione. Qui l’uomo ricerca la sua identità ancestrale e la ritrova attraverso l’atto di disporre oggetti domestici sulle rocce della Quesera. Il basamento naturale si popola di oggetti quotidiani e preziosi al contempo, raccontando di una sfera intima e rituale che appartiene alla condizione umana di ogni tempo: la casa. Una passatoia colorata, la cui trama si ispira agli abiti tradizionali di Lanzarote; un tappeto di sale, il cui disegno africano richiama le remote radici della popolazione indigena; una sedia, invito a sostare; un vaso, presenza costante nelle case dell’isola; uno specchio, simbolo di unione tra cielo e terra; una tenda, segno verticale che scherma la luce e ripara dal vento. Sul basamento, ogni singolo oggetto viene elevato dalla sua quotidianità e dà vita a un rituale domestico contemporaneo e antichissimo. Le presenze della casa ricordano all’uomo la sua condizione primigenia e lo portano a interrogarsi sull’idea contemporanea di progresso. Il basamento infatti solleva e dà sacralità a gesti semplici: sostare, specchiarsi, camminare, conservare i ricordi, proteggersi dalle intemperie, danzare. 26-C’è sempre una casa per i tuoi rituali 27-C’è sempre una casa per i tuoi rituali 28-C’è sempre una casa per i tuoi rituali

Progetto di: Chiara Cortellazzi, Francesco Csermely, Paula Alejandra Cuadros Gamboa, Maria Chiara Deiana, Federica Dejean, Sarah Del Vecchio, Luca Dellea, Gilda Mela

Politecnico di Milano – Scuola di Architettura
Laboratorio di Progettazione di Architettura degli Interni 2018-19
Proff. Davide Fabio Colaci e Lola Ottolini
Riccardo Crenna, Simona Flacco, Chiara Lionello, Giulia Novati, Paola Ostellino, con Alberto Dapporto e Oliviero Martini

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