Liveinslums è una ONG che realizza progetti umanitari a favore di contesti svantaggiati dei paesi in via di sviluppo. Attiva dal 2008 in Italia e in diversi paesi: Kenya, Egitto, Romania, Brasile, Haiti; concentra il suo impegno negli slums delle megalopoli e nelle aree urbane fragili. Mathare è l’area di 1,5 chilometri quadrati dove opera Liveinslums e che ospita una comunità di 500.000 persone in continua crescita. Si tratta di un insediamento sovraffollato, insicuro e malsano e nella maggior parte delle abitazioni mancano acqua ed elettricità.
Il nuovo progetto di Liveinslums a Mathare è un centro civico 1-Fotografia di Alessandro Treves che si propone di accogliere le fasce più deboli della popolazione di Mathare, ospitando in forma stabile bambini e donne in situazione di grave emergenza. Il centro si propone di attivare dei laboratori 2-Fotografia di Alessandro Treves con progetti specifici per il reinserimento lavorativo e dei percorsi di “not formal education” per accompagnare i bambini di strada verso il reinserimento scolastico. In questi anni Liveinslums ha coinvolto figure professionali appartenenti a diversi ambiti disciplinari, a garanzia di una qualità progettuale degli interventi.
Nel 2022 l’ONG ha invitato il designer Giacomo Moor a progettare e realizzare gli arredi delle stanze del centro civico destinati ai percorsi di formazione e all’accoglienza 3-Fotografia di Alessandro Treves 4-Fotografia di Alessandro Treves 5-Fotografia di Alessandro Treves. Nello stesso anno i fotografi Francesco Giusti, Filippo Romano, Alessandro Treves, Mattia Zoppellaro, oltre ad affiancare sul campo le attività di Liveinslums, sono stati docenti del progetto School of Curiosity. Realizzato dal magazine Perimetro è una scuola di auto-narrazione che vuole dare nuova voce ai giovani di Mathare, e ha come finalità quella di insegnare gli strumenti dello storytelling contemporaneo a potenziali fotografi e videomakers residenti nel quartiere.
(Silvia Orazi)
Gli arredi di Giacomo Moor
Rendere visibile attraverso una mostra la ricerca di Liveinslums e il lavoro di Giacomo Moor nasce dalla consapevolezza che il progetto di una famiglia di arredi può essere un vettore del cambiamento. Trasmettere qualità progettuale all’interno dei propri spazi, esprime quel valore primario (etico ed estetico) di cui il design è sempre stato portatore e che in contesti come questi sembra richiedere una cura ancora maggiore. Una panca, un tavolo e un letto sono dei segni quasi simili a quelli della fondazione di una città perché descrivono come una comunità ha deciso di legarsi al luogo e di come ha deciso di strutturare le proprie relazioni. In questo caso la semplificazione formale degli arredi pensati da Giacomo Moor non ha valore in quanto “esercizio di sottrazione” ma al contrario amplifica le potenzialità d’uso attraverso una riduzione di complessità delle logiche costruttive e materiche.
“La geometria degli incastri su legno massello, secca e ortogonale, permette la lavorazione a mano senza macchinari complessi: scalpello, squadra e matita sono gli unici strumenti imprescindibili alla realizzazione dei pezzi.
Anche la sezione dei componenti segue una logica di ripetizione che ricorre su gambe, traversi e catene consentendo di ridurre al minimo la possibilità di errore e cercando di ottimizzare il processo”
(Giacomo Moor)
Ma soprattutto riscrive quel principio di adattabilità che un arredo dovrebbe avere in ogni luogo e che qui sembra essere necessità inevitabile. Arredi come simbolo del vivere comunitario, come luoghi d’incontro, dispositivi che possono unirsi, replicarsi e modificarsi in una logica potenzialmente infinita, dove i pezzi sono sostituibili all’infinito ricordandoci che il ciclo vitale di un arredo non finisce mai, soprattutto in contesti come questo. Contesti dove l’abitare è ancora la funzione più misteriosa che ci sia, dove si costruisce un’orografia materiale e immateriale di relazioni capaci di produrre immagini potentissime.
Il racconto di 4 fotografi
Proprio per questo abbiamo pensato di rendere visibile Mathare e la sua complessità di relazioni attraverso il racconto di quattro fotografi d’eccezione: Francesco Giusti, Filippo Romano, Alessandro Treves e Mattia Zoppellaro. Le loro foto non richiedono una demarcazione di genere se non quella di rappresentare un mosaico di emozioni e ambiguità di un paese che con la sua carica umana non ha confini. Ogni fotografo, con la sua cifra stilistica ha interpretato luoghi, atmosfere, architetture e personaggi, portatori di un senso comunitario ricco ma inafferrabile. Abbandonando l’aspetto puramente documentaristico, i dettagli, i materiali, le espressioni e i colori che appartengono allo slum, sembrano racchiudere un’energia potenziale superiore alla loro realtà materiale. E in questa lettura, analitica ed emotiva, Mathare sembra prendere una forma al di là dell’istante dello scatto per reinserirsi in un ritmo più ampio che supera lo sguardo del fotografo e arrivare dritto alla sua essenza.
“Da 12 anni cerco di capire come funziona uno slum, in rapporto alla città africana in cui si trova, 12 anni in cui ho visto persone affrancarsi dalla miseria estrema oppure crollare davanti alla fatica della sopravvivenza.
Questa serie di immagini parla di spazi urbani temporanei, densità abitativa e di identità di individui. Troppo spesso ho visto definire gli slums per stereotipi, cifre, percentuali che non si sono tradotti in veri ed efficaci interventi. L’unica cosa che posso al riguardo è innanzi tutto essere un testimone.” 6-Fotografia di Filippo Romano 7-Fotografia di Filippo Romano
(Filippo Romano)
“Ogni cosa custodisce la scala delle emozioni, dall’amore all’odio, non c’è nulla che non venga guardato, toccato, spostato e rimesso nel suo nuovo posto. Ogni cosa muore se non è guardata e a Mathare tutto è vivo. La cura del poco porta il sacro nel quotidiano.”
(Alessandro Treves)
“Gli odori pungenti escono da baracche addobbate con illustrazioni isteriche dai colori incoerenti, in un’atmosfera immersa negli assordanti canti swahili della gente che si muove frenetica lungo Mau Mau road il sabato pomeriggio. Mathare è un’overdose che ti riempie gli occhi e pulisce il cuore.” 8-Fotografia di Mattia Zoppellaro 9-Fotografia di Mattia Zoppellaro
(Mattia Zoppellaro)
“Domenica è una giornata speciale a Mathare. Il ritmo dello slum rallenta, le persone sono più rilassate. S’indossa l’abito migliore e le scarpe vengono lucidate per l’occasione. Nascono chiese e monasteri ad ogni angolo di strada, in piccole e grandi baracche di lamiera riconvertite per l’occasione. I canti corali, le preghiere urlate al megafono e i balli vanno avanti fino a tarda sera nell’euforia collettiva. Domani ricomincia la lotta quotidiana per la sopravvivenza, ma oggi il tempo sembra sospeso.
Domenica è una giornata speciale a Mathare.” 10-Fotografia di Francesco Giusti 11-Fotografia di Francesco Giusti
(Francesco Giusti)
L’allestimento
Il progetto nasce dalla volontà di ridurre al minimo le spese di allestimento senza perdere la forza di un racconto intenso e complesso. Lo spazio è costituito da un grande asse centrale generato dalla ripetizione dei tavoli e delle panche disegnate da Giacomo Moor per Liveinslums 12-Fotografia di Omar Sartor, arredi il cui ricavato della vendita è a sostegno diretto della ONG. Un grande segno longitudinale attraversa la sala Roland e rappresenta l’archetipo della “convivialità” e della “comunità”, riportando a un uso domestico lo spazio espositivo che ha ospitato workshop, eventi cene ed attività didattiche 13-Fotografia di DFC Studio. Il “segno” si chiude con un esploso del tavolo a dimostrarne la leggerezza e la semplicità d’assemblaggio. 14-Fotografia di Omar Sartor
Nelle navate laterali si distribuiscono i letti a castello 15-Fotografia di Omar Sartor 16-Fotografia di Omar Sartor e le esili strutture metalliche su cui sono appesi i racconti dei quattro fotografi stampati su blue back 17-Fotografia di Omar Sartor: uno speciale supporto cartaceo usato per i manifesti pubblicitari in grado di supportare grandi formati a basso costo. Una carta leggera che vibra, muta e risente del passaggio dei visitatori e della luce naturale rendendo vive queste immagini di grande formato, portando i colori e le scene dello slum di Mathare in una dimensione effimera ma presente.
Giacomo Moor for LiveinSlums
Progetti fotografici di Francesco Giusti, Filippo Romano, Alessandro Treves, Mattia Zoppellaro
Curato da Davide Fabio Colaci in collaborazione con Federica Sala, da un progetto di LiveinSlums