Lo spazio cosmico ha sempre rappresentato un “luogo altro” dove sperimentare, progettare e immaginare nuovi scenari in cui l’uomo ha trovato un possibile sganciamento dalle regole del mondo. La corsa allo spazio, dallo Sputnik al prossimo ritorno sulla Luna, ha sempre spinto la cultura tecnologica verso limiti inimmaginabili, costellando il presente di scoperte, invenzioni e problematiche (scientifiche ma anche filosofiche) capaci di modificare radicalmente le nostre vite.

La mostra-evento “Spazio allo Spazio. For the Next Larger Context” mette in scena questa complessità, attraverso una ricerca trasversale di cinquanta studenti del laboratorio di progettazione di Architettura degli Interni che, insieme a Nolostand – Fiera Milano e ai Dipartimenti di Architettura e Studi urbani e di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano, hanno riletto la storia, il presente e il futuro dello “spazio cosmico” come metafora dello “spazio terrestre”. 1-Foto di Filippo Rispoli 2-Foto di Giovanni Hänninen 3-Foto di Giovanni Hänninen 4-Foto di Giovanni Hänninen 5-Foto di Giovanni Hänninen La mostra è divisa in due sezioni allestite all’interno del LaST, Laboratorio di Sicurezza dei trasporti, lungo i suoi 120 metri di slitta per le prove di Crash-test. 6-Courtesy PoliLab 7-Foto di Riccardo Momesso 8-Foto di Riccardo Momesso 9-Foto di Riccardo Momesso 10-Courtesy PoliLab 11-Courtesy PoliLab 12-Courtesy PoliLab
La prima è organizzata con il racconto di trenta “note a margine” tenute insieme in forma di libera associazione. Brevi appunti nei quali si concreta un’osservazione o una considerazione, avvenimenti, oggetti, riflessioni e immagini nel quale riconoscere i punti di contatto tra la cultura del progetto e lo Spazio nel suo contesto più allargato. 13-Foto di Filippo Rispoli 14-Foto di Filippo Rispoli 15-Foto di Filippo Rispoli 16-Foto di Filippo Rispoli 17-Courtesy PoliLab 18-Foto di Filippo Rispoli 19-Foto di Filippo Rispoli
La seconda sezione è composta da sei installazioni ispirate dai temi fondativi del 75th International Astronautical Congress (IAC) dal titolo “Responsible Space for Sustainability”, che si svolgerà a Milano nell’ Ottobre 2024: 1. Earth Observation, 2. Space Exploration, 3. Space Transporation, 4. Space Weather, 5. Safety and Space Debris, 6. In orbit servicing & space robotics. Sei punti di vista inediti e contemporanei in grado di restituire al grande pubblico, attraverso la narrazione e l’allestimento, un approfondimento su contesti culturali apparentemente distanti, fortemente legati alla nostra vita sul pianeta terra, al nostro presente ma soprattutto al nostro futuro.


Disegno di una passeggiata ai confini dell’universo

Il progetto restituisce il tema dell’esplorazione spaziale attraverso la metafora della passeggiata. Oggi i telescopi digitali permettono di immergersi nelle profondità dello Spazio, catturando immagini ad altissima risoluzione di entità cosmiche poste ai confini della galassia e oltre, oggi inaccessibili ai mezzi di trasporto spaziali, ma visibili per mezzo di potenti lenti riflettenti. L’allestimento prende forma attraverso due dispositivi: un cerchio e una linea; il cerchio raccoglie una sequenza di fotografie che raccontano l’“altrove” spaziale, accompagnando il visitatore in una passeggiata cosmica verso confini misteriosi e in continua espansione; la linea rappresenta l’incedere continuo dell’esplorazione verso limiti sempre nuovi tramite un tapis roulant rivolto verso un grande schermo luminoso che ripercorre la storia delle conquiste spaziali. 20-Foto di Giovanni Hänninen 21-Foto di Filippo Rispoli 22-Foto di Filippo Rispoli

Progetto di: Adriana Jiménez, Ludovica Pisante, Laura Santiangeli, Sofia Sorbellini, Alice Spinelli, Aki Tarasconi, Martino Valente

Diagramma di una discarica o di una costellazione cosmica

Il progetto materializza l’espandersi di una discarica cosmica, evocando, in chiave simbolica, la presenza massiva di detriti spaziali che invadono l’orbita terrestre. Lo space debris, vale a dire la spazzatura spaziale, è l’insieme eterogeneo di frammenti provenienti dalla dismissione o danneggiamento di satelliti, la cui forma e funzione sono ormai irriconoscibili. La metafora costrusce un parallelismo tra detrito spaziale e detrito terrestre, dando vita a un insieme caotico la cui immagine si moltiplica all’infinito, dimostrando la vastità e l’espansione di un fenomeno molto serio e complesso anche se apparentemente impercettibile. 23-Courtesy PoliLab 24-Courtesy PoliLab 25-Foto di Filippo Rispoli

Progetto di: Gianvito Capriati, Tomas Conte, Heloise Dumoulin, Stefano Marelli, Matteo Mattei, Tommaso Meraviglia, Riccardo Momesso, Nicolò Ongarato

Disegno di una luce che non si può spegnere

Un’installazione iridescente materializza ed evoca i bagliori delle aurore boreali, unico effetto tangibile dei fenomeni legati allo Space Weather, vale a dire quell’ambito della ricerca spaziale che analizza le variabili condizioni del sole al fine di monitorarne gli effetti sulla terra. Questi fenomeni luminosi, tanto imprevedibili quanto affascinanti, hanno da sempre suscitato nell’uomo timore e meraviglia, ma non sono gli unici effetti delle tempeste solari sull’atmosfera terrestre. Queste, infatti, alterano il campo magnetico terrestre, causando enormi problemi di orientamento alle specie animali che basano i propri movimenti sul magnetismo terrestre, come cetacei e uccelli migratori, e determinano interferenze nella maggior parte delle tecnologie terrestri, causandone la temporanea sospensione. All’interno di questo scenario le aurore boreali diventano metafora della profonda connessione tra tutte le specie viventi con i fenomeni cosmici, nonché interrogativo sul futuro del nostro mondo, sempre più dipendente dalla tecnologia. 26-Courtesy PoliLab 27-Foto di Filippo Rispoli 28-Courtesy PoliLab

Progetto di: Matteo Callori, Martina Chervatin, Matteo Clemente, Zoe Florio, Riccardo Oretti, Andrea Severgnini, Annachiara Simone, Benedetta Terranova

Capsula per gli oggetti che chiamerai casa

Il progetto indaga il tema del trasporto spaziale attraverso la riproduzione in scala reale dell’interno del modulo Tranquility della Stazione Spaziale Internazionale, una capsula all’avanguardia, progettata per garantire un maggiore senso di benessere agli astronauti in orbita attraverso sistemi di riciclo delle acque e dell’ossigeno. Tuttavia, l’equilibrio psicofisico degli astronauti non viene legato alle sole qualità fisiche dello spazio interno, ma si estende ai suoi caratteri simbolici e immateriali. A ciascun astronauta, infatti, è data la possibilità di portare con sé alcuni oggetti da casa, purché non eccedano il limite di 1,5 kg di peso. Partendo da questo dato, tanto potente quanto apparentemente irrilevante, l’allestimento dà vita a un processo di editing grafico degli interni della ISS, realizzando un disegno inedito di tutte le componenti storiche e tecniche di questa “casa nello Spazio” e sviluppandone gli interni secondo una logica distorta che rifiuta coordinate spaziali univoche per creare un disorientamento riconducibile alla microgravità: in questo spazio luminoso e complesso emergono proprio gli oggetti personali degli astronauti, elementi capaci di addomesticare il modulo spaziale, riportando i suoi abitanti provvisori alla propria condizione umana. 29-Foto di Filippo Rispoli 30-Foto di Filippo Rispoli 31-Foto di Filippo Rispoli

Progetto di: Giorgia Calivà, Giulia Cecconi, Martina Celli, Gregorio Cravanzola, Giulia Leona, Noemi Maggioni, Michele Masini

Una finestra per rivelare l’anima robotica del oggetti

La robotica spaziale ha silenziosamente rivoluzionato le nostre vite, inserendo avanzate tecnologie negli oggetti di uso quotidiano. Le innovazioni inizialmente concepite per la ricerca spaziale hanno trovato notevoli applicazioni, migliorando praticità, comfort ed efficienza. Dai sistemi di geolocalizzazione, che hanno trasformato il nostro modo di viaggiare, alla morbidezza dei cuscini in memory foam, oggi è possibile trovare testimonianze della ricerca spaziale quasi ovunque. L’installazione intende mostrare il legame tra le innovazioni robotiche e le loro ripercussioni sugli oggetti quotidiani, visibili esclusivamente attraverso l’utilizzo di un filtro che si interpone tra l’uomo e la figura e mostra ciò che altrimenti sarebbe invisibile. Il progetto illustra così il legame profondo tra il mondo macro e il mondo micro e la presenza di un universo all’interno delle cose piccole. 32-Foto di Filippo Rispoli

Progetto di: Alessia Cacciarino, Alessandro Caglioni, Maria Cardinale, Alberto Ferrari, Camilla Forchini, Pasquale Palange, Aurora Ponisio, Mattia Roggia

Bisogna sempre andare più lontano per vedere più vicino

L’installazione racconta le ultime conquiste dell’osservazione terrestre dallo Spazio. Orbitando intorno alla Terra, i satelliti restituiscono immagini capaci di rappresentare, attraverso livelli sovrapposti, la presenza e distribuzione di elementi microscopici invisibili all’occhio umano, ma fondamentali per comprendere le trasformazioni dell’ecosistema: dal plancton alle polveri sottili, dalle microplastiche ai pollini, dallo spostamento degli insetti al monitoraggio di vulcani e tifoni, dallo spessore dei ghiacciai alla concentrazione di ozono.
Se negli anni Settanta la sfida era rappresentare la terra dall’esterno, rivelando la sua immagine fragile e bellissima, oggi è rappresentarla dall’interno, attraverso la sovrapposizione dei diversi livelli di complessità che la compongono. Il progetto intende restituire questa stratificazione attraverso la scomposizione di otto immagini ad alta definizione su sei prismi a base triangolare disposti su un’orbita ellittica: allontanando e spostando il punto di osservazione è possibile cogliere livelli interpretativi sempre diversi, contestualizzando la presenza umana sul pianeta all’interno di equilibrio molteplice, delicato e interconnesso. 33-Foto di Giovanni Hänninen 34-Foto di Filippo Rispoli 35-Foto di Filippo Rispoli

Progetto di: Marta Belotti, Francesca Bertolaja, Erica Bonacina, Anna D’Amore, Emma Sayed, Elisa Scarsato, Stefania Sotgiu

Mostra-evento dei Dipartimenti di Architettura e Studi urbani e di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano con Nolostand Fiera Milano presso Laboratorio LaST (crash test) - Campus Bovisa - Politecnico di Milano.

Progetto a cura di Davide Fabio Colaci, Lola Ottolini, Michèle Lavagna con Lorenzo Cellini, Riccardo Ferrari, Chiara Lionello, Gregorio Minelli Vacchi, Giulia Novati, Paola Ostellino e gli studenti del Laboratorio di Progettazione dell’Architettura degli Interni del Politecnico di Milano con il supporto esecutivo di Nolostand Fiera Milano.

Si ringraziano i musei, le istituzioni, gli archivi e i privati che hanno messo a disposizione i propri materiali, in particolare:
Dipartimento di Fisica - Politecnico di Milano Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali - Politecnico di Milano, Archivi Storici Politecnico di Milano, Archivio Storico Fondazione Fiera Milano, Mandalaki, Astradyne

Un ringraziamento speciale alla professoressa Amalia Ercoli Finzi, video intervista a cura di Filippo Rispoli

Fotografie di Giovanni Hänninen, Riccardo Momesso, PoliLab, Filippo Rispoli

Collaboratori: Sara Chilà, Fabrizio Tarantello Gargano, Flavia Zito

Gli studenti del Laboratorio di Progettazione dell’Architettura degli Interni sez. E, Scuola AUIC:
Marta Belotti, Francesca Bertolaja, Erica Bonacina, Alessia Cacciarino, Alessandro Caglioni, Giorgia Calivà, Matteo Callori, Gianvito Capriati, Maria Cardinale, Giulia Cecconi, Martina Celli, Martina Chervatin, Matteo Clemente, Tomas Conte, Gregorio Cravanzola, Anna D’Amore, Heloise Dumoulin, Alberto Ferrari, Adriana Zoe Florio, Camilla Forchini, Adriana Jiménez, Giulia Leona, Noemi Maggioni, Stefano Marelli, Michele Masini, Matteo Mattei, Tommaso Meraviglia, Riccardo Momesso, Nicolò Ongarato, Riccardo Oretti, Pasquale Palange, Ludovica Pisante, Aurora Ponisio, Mattia Roggia, Laura Santiangeli, Emma Sayed, Elisa Scarsato, Andrea Severgnini, Annachiara Simone, Sofia Sorbellini, Stefania Sotgiu, Alice Spinelli, Aki Tarasconi, Benedetta Terranova, Martino Valente

Immagine in copertina: Frau im Mond (Una donna sulla luna), Fritz Lang, 1929

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